Prendersi cura nel modo giusto di un bambino con dermatite atopica significa alleviare il fastidio che accompagna il disturbo, limitare le ricadute, favorire la guarigione. Il professor Alberto Giovanni Ugazio risponde ai dubbi più frequenti di mamme e papà alle prese con un bambino “atopico”
È vero che la dermatite atopica compare più di frequente nei primi mesi di vita?
Sì, la dermatite atopica che interessa i bambini si manifesta generalmente intorno ai tre mesi di vita. E’ caratterizzata da secchezza, infiammazione e ruvidità della pelle, comparsa di piccole lesioni. Ai sintomi si associa sempre il prurito. Di solito, nei primi tempi l’eczema si localizza su viso e mani mentre con il passare dei mesi può interessare le pieghe del corpo (in particolare, incavo delle ginocchia e delle braccia e inguine).
A chi spetta la diagnosi?
Di sicuro sono vietate le diagnosi fai-da-te che possono suggerire cure sbagliate e improprie. E’ il pediatra che deve osservare la pelle del bambino per poi stabilire se si tratta proprio di dermatite atopica oppure se le anomalie sono dovute ad altro. Alla sudamina, per esempio, una reazione cutanea frequente nei piccolissimi, caratterizzata dalla comparsa sulla pelle di puntini rossi e dovuta appunto al sudore.
Quali suggerimenti si devono assolutamente seguire quando si ha un bimbo con dermatite atopica?
Prima di tutto è fondamentale utilizzare creme a base di cortisone ogni volta che la pelle è arrossata e infiammata e, quindi, la dermatite è in fase acuta. Questo serve non solo a diminuire il fastidio provato dal bambino nell’immediato, ma anche a limitare il rischio di ricadute. Se l’infiammazione non viene adeguatamente controllata peggiora, infatti, la condizione di vulnerabilità della pelle e quindi aumentano le probabilità che l’eczema, dopo essere sparito, ricompaia.
Esistono altre regole inderogabili?
L’uso di una crema idratante non solo dopo il bagnetto, ma ogni volta che la pelle appare secca e ruvida è di grande importanza per impedire che l’eczema ricompaia dopo breve tempo sulla pelle normalizzata dall’impiego dei preparati con cortisone. Può dunque essere necessario applicare la crema idratante più e più volte nell’arco della giornata, continuando così per lunghi periodi. La secchezza della pelle può essere valutata passandovi sopra il dorso della mano. Per finire, è opportuno evitare quanto potrebbe svolgere un’azione irritante per la pelle. Dopo il bagnetto, il bambino va asciugato tamponando e non sfregando; l’utilizzo di detergenti profumati è sconsigliato; fargli indossare indumenti in fibre naturali (cotone e lino), lana cruda esclusa, è d’obbligo. I bagni in acque termali sulfuree favoriscono la normalizzazione della pelle.
È vero che ci sono alimenti che la scatenano e/o favoriscono le ricadute?
Da decenni è stata esclusa la relazione tra cibi e dermatite atopica, eppure sorprendentemente ancora oggi nell’immaginario collettivo è radicata l’idea che esistano alimenti – l’uovo, per esempio, o il latte vaccino o i lieviti o il pomodoro – che la possano scatenare. A riprova del fatto che non c’è nesso, l’epoca in cui il disturbo compare più di frequente: il terzo mese di vita, quando ancora lo svezzamento non è iniziato e il piccolo viene nutrito esclusivamente al seno. Non influenza e non scatena il disturbo neppure quello che assume la donna in allattamento, quindi è perfettamente inutile che le neomamme escludano qualche alimento dalla loro dieta.
La dermatite atopica dei bambini permane anche in età adulta?
Nel 97 per cento dei casi la dermatite atopica guarisce definitivamente entro i due anni di età per non ripresentarsi mai più negli anni successivi. Non è dunque vero che chi è stato interessato dal disturbo da bambino è particolarmente a rischio di svilupparlo di nuovo nel corso della vita adulta.
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